
Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio
Piazza Plebiscito Città della Pieve Città della Pieve
Cuore spirituale di Città della Pieve è la Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio, che domina la centralissima piazza Plebiscito e, sorgendo sul punto più alto del colle pievese, l’intero borgo.
L’edificio di culto è intitolato ai martiri Gervasio e Protasio, due fratelli gemelli vittime delle persecuzioni contro i cristiani, i cui resti furono rinvenuti a Milano il 17 giugno del 386 d.C. La ricerca delle spoglie fu commissionata da Ambrogio, storico vescovo della città lombarda, e, con la loro successiva canonizzazione, il culto di Gervasio e Protasio si diffuse nel resto d’Italia.
Secondo la tradizione, sarebbe stata la matrona romana Vestina, proprietaria nel V secolo d.C. di un grande latifondo in cui era ricompreso anche l’odierno territorio pievese, ad introdurne il culto nella zona.
Più verosimilmente a farlo furono gli stessi Longobardi, presso i quali, dopo la propria cristianizzazione, la venerazione di Gervasio e Protasio divenne assai radicata.
Le tracce della prima struttura della Chiesa, l’antica pieve, forse eretta in luogo di un precedente tempio pagano, risalgono infatti all’VIII secolo d.C., poco tempo dopo la nascita del prospiciente castrum longobardo.
Sensibili interventi architettonici furono eseguiti a partire dal XIII secolo, attribuendo all’originaria struttura romanica un aspetto gotico.
Nel 1530, l’edificio fu sensibilmente ampliato, tanto da affiancarlo alla vicina Torre del Pubblico.
Nel 1600, con la creazione della diocesi di Città della Pieve, la Chiesa, già divenuta Collegiata, fu elevata a Cattedrale. Di lì a poco, ulteriori interventi impressero all’interno un aspetto barocco (soprattutto, la pittura a finto marmo e gli stucchi), rendendo la Chiesa uno dei più interessanti luoghi di culto dell’intera Umbria.
Nel 1667, un crollo del tetto, fino ad allora a capriate, ne indusse la sostituzione con una volta in mattoni. Nel 1738, infine, fu eretto l’imponente campanile, che tutt’oggi affianca la Cattedrale dal lato opposto a quello della Torre del Pubblico.
All’esterno, la parte più antica dell’edificio è facilmente riconoscibile per l’impiego di pietra arenaria, mentre gli ampliamenti successivi sono stati realizzati in laterizio.
La pianta è a croce latina con un’unica navata. Quest’ultima è affiancata da tre cappelle per lato e termina in un’abside preceduta da un presbiterio leggermente rialzato, dietro al cui altare maggiore sorge un mirabile coro in noce cinquecentesco, intagliato da Rasimo Marini della Fratta.
Sotto l’abside si trova una notevole costruzione a pianta poligonale, sorretta da archi e massicce colonne in pietra arenaria. Reputata a lungo una cripta, ultimamente è dai più ritenuta l’antica loggia del Palazzo dei Consoli, distrutto nel 1250 durante la riconquista della città da parte di Perugia.
All’ingresso nella Cattedrale, risalta immediatamente la controfacciata, dominata da una cantoria con un pregevole organo cinquecentesco, affiancato da affreschi datati 1895 di Annibale Ubertis, raffiguranti scene della vita di Santa Margherita da Cortona e del Beato Giacomo Villa. Quest’ultimo, fra i più celebri personaggi della storia pievese, fu noto come “l’Elemosiniere” e ancor più come l’“avvocato dei poveri”, appunto esercitando la professione forense: all’esito di una lunga controversia, riuscì ad ottenere l’esenzione del locale Ospedale del Vecciano dalla giurisdizione (e dalla tassazione) della diocesi di Chiusi, finendo per questo assassinato, su ordine del relativo vescovo, nel 1304.
Colpisce la presenza di più altari entro le cappelle laterali, frutto dell’impostazione architettonica impressa sin dal tempo della Controriforma: i molti altari dovevano evocare, presso i fedeli, l’idea di una costante presenza di Cristo durante la messa, in antitesi con l’opposto pensiero della dottrina protestante.
Proseguendo lungo le cappelle, si entra in un’autentica galleria d’arte cinquecentesca e seicentesca, con capolavori dei molti artisti che hanno operato a Città della Pieve.
Del più celebre di tutti, Pietro Vannucci detto “il Perugino”, è l’opera che si trova nel primo altare a sinistra: si tratta del “Battesimo di Gesù”, tavola realizzata attorno al 1510 e contraddistinta dall’eccellente prospettiva utilizzata dal “Divin Pittore”, con le figure di Cristo e di San Giovanni Battista in una posa richiamante l’arte ellenistica.
Il secondo altare a sinistra ospita, invece, lo “Sposalizio della Vergine” di Antonio Circignani detto “il Pomarancio”, risalente al 1606 (per quanto ridipinta nel secolo seguente).
Nel terzo altare a sinistra risalta, invece, la “Madonna del Carmine”, realizzata probabilmente in ambiente vicino al medesimo Pomarancio.
Nella splendida abside barocca, figura una tela seicentesca di Salvio Savini, nota come la “Madonna in trono fra i Santi Francesco, Bonaventura e un Servita”.
A fianco, al centro dell’abside, si ammira l’altro capolavoro del Perugino ospitato dalla Cattedrale: la “Madonna in gloria fra i Santi Protettori Gervasio e Protasio con lo stendardo della città e i Santi Pietro e Paolo”. Firmata e datata 1514, si contraddistingue per una splendida tonalità cromatica, incentrata sull’ammaliante contrasto fra l’azzurro e il rosso.
Sul lato destro dell’abside, invece, vi è un’opera (risalente all’incirca al 1520) di Giannicola di Paolo: è una tavola raffigurante la “Vergine col Bambino fra i Santi Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Pietro Martire e il Beato Giacomo Villa”.
La volta dell’abside è affrescata con una “Gloria celeste”, opera del 1598 di Antonio Circignani, ed è ciò che resta di più ampie decorazioni andate perdute a seguito di un incendio cagionato da un fulmine nel 1783.
Risalendo il lato destro della Cattedrale, sul primo altare si nota un crocefisso ligneo della seconda metà del Cinquecento: la relativa paternità è tradizionalmente attribuita allo scultore fiammingo Jean de Boulogne (meglio noto come “il Giambologna”), per quanto ne sia più probabile la realizzazione da parte di un artista del suo ambiente.
Nel secondo altare, svetta una tavola di Domenico di Paride Alfani, la “Vergine col Bambino, San Martino Vescovo, Santa Maria Maddalena e due Angeli”, del 1521.
Interessanti sono poi la Cappella del Santissimo Sacramento e la Cappella del Rosario. La prima, reca sulla cupola affreschi del 1714 di Giacinto Boccanera, raffiguranti scene dell’Antico Testamento, nonché splendidi stucchi coevi dei fratelli Cremoni e una tela seicentesca di Giacinto Gimignani, “Il Beato Giacomo Villa portato in gloria dagli Angeli”. La seconda custodisce, invece, la “Vergine in Trono col Bambino, San Domenico e Santa Caterina da Siena”, capolavoro del 1580 di Salvio Savini.