Salci, una perla nel territorio pievese. Alla scoperta dell’antica capitale ducale.

Salci Città della Pieve PG

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Situata all’estremo occidente del comune di Città della Pieve, ad appena 3 km dal confine con la Toscana, Salci è un antico borgo fortificato medievale attualmente disabitato.

Menzionato per la prima volta in un documento ufficiale dell’imperatore Federico II di Svevia nel 1243, il centro accrebbe di importanza per merito della propria felice posizione, a ridosso della via Francigena e dei domini, prima, di Siena, Perugia e Orvieto e, successivamente, di Firenze e dello Stato della Chiesa.

Oggetto dell’interesse di più potenti casate, Salci alfine assistette all’ascesa al potere dei Bandini e, nel 1568, fu proclamata da papa Pio V capitale del relativo Ducato, feudo pontificio.

Dal 1570 il potere passò ai Bonelli, che ne furono signori fino al 1816. Quell’anno il duca Pio Camillo, rinunciò ai diritti feudali su Salci, che rientrò nella piena sovranità dello Stato della Chiesa, per poi divenire, nel 1860, parte del neonato Regno d’Italia.

Bonificata nel frattempo la Val di Chiana, il borgo continuò a prosperare come fattoria. La popolazione, che contava varie centinaia di abitanti, era dedita prevalentemente all’agricoltura e all’allevamento e risiedeva nei poderi circostanti e nel borgo stesso, ove pure si svolgevano attività di tipo artigianale e commerciale.

I Bonelli vendettero Salci nel 1886 a Vittoria di Mirafiori (figlia del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II e della moglie morganatica Rosa Vercellana, nota come la “Bela Rosin”), che si stabilì in un villino prossimo al borgo con l’amante, il marchese Paolo De Simone.

Dopo appena un decennio, un tracollo finanziario costrinse Vittoria a cedere Salci ai marchesi Paganini, che ne proseguirono l’utilizzo a scopo agricolo. Ma una serie di circostanze, in particolar modo lo spopolamento delle campagne nel secondo dopoguerra, condussero il piccolo paese, nel frattempo passato ad altre proprietà, a un inesorabile crollo della popolazione. Nel 1998, la morte dell’ultimo residente (l’anziano parroco don Pietro Calzoni) rese Salci totalmente disabitata

Il borgo giace sui boscosi colli fra Città della Pieve, Fabro e il vicino confine con la provincia di Siena. Provenendo da sud, si scorge la Porta d’Orvieto, sovrastata da un torrione a merlatura guelfa ancora recante lo stemma dei Bonelli. La Porta si affaccia all’esterno su uno spiazzo dedicato ad Achille Piazzai, celebre ingegnere navale (progettista, fra l’altro, del famoso transatlantico Rex), nato proprio a Salci.

Superata la porta, si entra nella piazza dei Crescenzi (intitolata all’omonima famiglia baronale romana, imparentatasi coi Bonelli), ampia corte ricoperta d’erba e recante una fonte, nonché segni del passato contadino di Salci, quali una macina da mulino in pietra e un vecchio aratro.

 



Attraverso l’interna Porta dell’Orologio si giunge nell’altra corte, piazza Bandini. Sopra la Porta si trova la pittoresca Loggia degli Spiriti, un tempo usata dai duchi salcesi per raggiungere la locale Chiesa. Quest’ultima, dedicata a San Leonardo di Noblat (patrono degli schiavi), svetta immediatamente a destra: sormontata da una cuspide barocca a tre pinnacoli è affiancata da un campanile.



Sul lato opposto della piazza si nota un torrione, sotto il quale si trova l’altro antico accesso al borgo, Porta di Siena, rivolta verso nord.

La totale assenza di popolazione, unitamente agli edifici interdetti all’accesso umano, crea una surreale atmosfera di fascino e malinconia al tempo stesso. Il silenzio, interrotto solo dal vento e dai suoni della natura provenienti dalle circostanti boscaglie, fa da contrasto all’idea di un borgo vivissimo (circa 1.200 abitanti nella prima metà del XX secolo), popolato da gente laboriosa e amante delle proprie tradizioni religiose e civili, e che invece oggi è deserto.