Montegabbione. Nel verde più verde.

Scritto il 03/06/2020
da Lorenzo Berna


Proteso all’estremo nord della provincia di Terni,  Montegabbione domina un’altura (circa 600 m s.l.m.) fra la Val di Chiana umbra e le Valli del Nestore e del Tevere. Situato alle pendici occidentali del Montarale, il borgo è capoluogo di un interessante territorio comunale con meraviglie naturali, storiche e culturali, che lo rendono una meta irrinunciabile per chi visita questa parte dell’Umbria.

Sorta su un preesistente abitato d’epoca etrusco-romana, Montegabbione si sviluppò, a partire dal X-XI secolo, quale avamposto di avvistamento di Orvieto, grazie alla sua posizione strategica fra i domini di tale città e quelli di Perugia, per di più trovandosi in prossimità dell’antica arteria di collegamento fra Castel della Pieve (l’odierna Città della Pieve) e Todi.
Il toponimo “Montegabbione”, da taluni ricondotto al nome proprio latino “Gavius”, richiamerebbe per altri il lemma “gabbia”, inteso come struttura militare di riparo.
Ricompresa nel contado di Orvieto con il nome di “Castrum Montis Gaubionis”, il borgo fu dapprima feudo dei Bulgarelli di Parrano (i futuri conti di Marsciano), per poi passare sotto i Montemarte di Corbara. 
Nel 1443, fu espugnato dalle truppe di Niccolò Piccinino e riassegnato ai Montemarte, a patto che costoro giurassero obbedienza al Papa. 
Nel 1478, papa Sisto IV assegnò Montegabbione al nipote Bartolomeo della Rovere, che due anni dopo lo cedette, privo di vincoli feudali, a Orvieto. 
Da quel momento, Montegabbione tornò sotto tale città e, con essa, fu in seguito assoggettata allo Stato Pontificio e, alfine, allo Stato italiano.
Durante la seconda guerra mondiale, il 16 giugno 1944, il borgo fu teatro di un duro scontro fra le truppe inglesi e gli occupanti tedeschi, alfine cacciati.

Il centro storico, dalla consueta forma ellittica dei borghi medievali, presenta un gradevole aspetto placido e ordinato, su cui domina l’imponente Torre, di probabile edificazione quattrocentesca.
La struttura si erge all’inizio della centralissima via Achille Lemmi e svetta, con le sue pareti in pietra viva puntellate di feritoie, a partire da un ampio basamento a forma di tronco di piramide. 
Nella medesima via, si trova anche la bella Chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo, eretta fra il 1873 e il 1876 su una preesistente struttura. L’edificio, opera dell’architetto perugino Nazzareno Biscarini, è rivestito in laterizi e impreziosito da decorazioni terracotta, mentre il sovrastante campanile fu costruito in cotto sul finire del XX secolo. Malgrado l’origine relativamente recente, la Chiesa presenta, al suo interno, una mirabile “Crocifissione di Gesù” d’autore ignoto e collocata fra il XVII e il XVIII secolo. 
Alle pendici del colle montegabbionese sorge la Chiesa della Madonna delle Grazie, realizzata in prossimità di una sorgente che, secondo la tradizione cattolica, sul finire del XV secolo fu teatro di un evento miracoloso (molto simile ad uno accaduto, poco tempo dopo, a Fabro). Una giovane del posto, recatasi alla sorgente, avrebbe incontrato una bellissima donna, poi identificata con la Madre di Gesù, che le avrebbe chiesto una pubblica venerazione in quel luogo: non creduta dai compaesani, la ragazza ne vinse lo scetticismo ponendo, su consiglio della stessa Madonna, la brocca colma d’acqua capovolta sulla propria testa, senza che dal recipiente cadesse una sola goccia.
Il santuario, che fu eretto in breve tempo, presenta una struttura tipicamente rinascimentale con una forma a croce latina e una cupola cilindrica. Presso l’interno, in gusto barocco, compare il bellissimo affresco della “Madonna del Latte”, da molti correlato alla scuola del Perugino.

Splendido borgo, a sud est di Montegabbione, Castel di Fiori sorge su un colle (540 m s.l.m.) ricoperto di foreste. La sua posizione ne ha preservato il carattere di gioiello medievale, ove una cinta muraria racchiude suggestivi edifici in pietra fra cui si distinguono l’erta torre medievale (XIII secolo) e la graziosa Chiesa di Santa Maria Maddalena (XVIII secolo). 
Il castello sorse probabilmente attorno alla duecentesca torre in un’area già di antica frequentazione, testimoniata dalla vicina necropoli di Poggio della Croce.
Sorto come “Castello di Acqualta”, fu antico dominio dei Bulgarelli all’interno del contado di Orvieto. Essi, nella prima metà del XIV secolo, lo fortificarono, ribattezzandolo “Castel di Fiori” (Castrum Florae). Le decisioni furono assunte all’insaputa di Orvieto, la quale, il 13 luglio 1350 vi inviò, a scopo punitivo, un contingente militare.
Dalla fine del Trecento, Castel di Fiori fu oggetto di continua contesa fra i Montemarte di Corbara e due dei rami (della Vipera e della Cervara) dei Monaldeschi di Orvieto. 
Nella prima metà del XV secolo, il castello passò nientemeno che al celeberrimo capitano di ventura Erasmo da Narni, detto “il Gattamelata”. Defunto quest’ultimo, Castel di Fiori fu ereditato dalla figlia Todeschina e, dopo le nozze di costei con Antonio Ranuccio dei Bulgarelli, conte di Marsciano, ad uno dei figli nati dall’unione, Lodovico, così tornando all’antica casata egemone.
Castel di Fiori si mantenne feudo pontificio anche dopo l’annessione di Orvieto allo Stato Pontificio e, dopo i conti di Marsciano, fu a lungo proprietà della famiglia Marocchi.
Di grande interesse è anche l’area circostante Castel di Fiori.
Anzitutto, a poca distanza dal borgo giacciono le rovine della duecentesca Chiesa di Sant’Antonio e, soprattutto, dell’antichissima Abbazia dell’Acqua Alta, probabilmente anteriore all’anno Mille.
Agli esperti di trekking, è poi consigliabile una visita presso le adiacenti foreste: seguendo un apposito sentiero munito di segnaletica con frecce rosse, si discende da Castel di Fiori fino a un luogo punteggiato da piccole ma suggestive cascatelle e piscine naturali (qui chiamate “borgoni”).

A est di Montegabbione sorge Montegiove, località dall’antichissima storia. 
Il nome, secondo alcuni storici, deriverebbe dalla divinità di Giove Elicio, già venerata in questi luoghi prima dell’avvento della dominazione romana e a cui era forse dedicato un tempio ivi eretto dagli umbri.
Il borgo è dominato dal duecentesco castello costruito, nell’allora contado orvietano, per volere di Raniero IV (meglio noto come “Nerio”) di Bulgarello dei conti di Marsciano. Il ramo della celebre famiglia qui stanziatosi prese il nome di “conti di Montegiove”, i quali, nel 1380, a seguito dell’innalzamento della tassazione dei propri castelli da parte di Orvieto, sottomisero il relativo feudo a Perugia. 
Nel 1394, i fratelli Nicolò e Mariano, ultimi conti di Montegiove, morirono a seguito di un’epidemia di peste. Il fortilizio passò all’abate di Monteorvietano, quindi ai Montermarte di Corbara e, alfine, ai Monaldeschi della Vipera.
Nel 1455, Montegiove, esattamente come Castel di Fiori, fu acquisita dal Gattamelata e, a seguire, ereditata dalla figlia Todeschina. A seguito del matrimonio di costei con Antonio di Ranuccio dei Bulgarelli, tornò a questi ultimi.
Successivamente assoggettata allo Stato della Chiesa, entrò nel 1860 al Regno d’Italia, restando a lungo proprietà dei marchesi Misciattelli.
L’odierno aspetto di Montegiove proietta letteralmente in epoca medievale. L’abitato, immerso nei boschi, sorge ai piedi del massiccio castello e, da oltre 600 m s.l.m., gode di uno splendido panorama pressoché verso ogni punto cardinale.
Il castello, dotato di un’imponente cinta muraria con merlatura guelfa, mantiene le antiche strutture difensive del fossato e del rivellino, oltre al poderoso mastio e ad un’erta torre angolare.
Entro le mura, si apre un ampio cortile con un’antica cisterna, nonché un bel palazzo signorile. Vi è anche una cappella intitolata alla Beata Angelina da Montegiove (1357-1435), figura di spicco della religiosità non solo locale, il cui corpo è oggi esposto nel monastero di Sant’Anna a Foligno.
Splendido l’interno del maniero, adornato da ricche suppellettili, un’armeria, una biblioteca ed ampli saloni. 
La presenza, all’esterno del borgo, di vastissimi vigneti ha fatto sì che il castello ospiti pure una cantina ove si producono alcuni dei più pregiati vini locali.
All’esterno del castello, sorge anche la Chiesa di San Lorenzo, antica costruzione (anteriore al 1245) voluta dai Bulgarelli. Adornata da una mirabile porta a sesto acuto in pietra scura e alabastrina chiara, è impreziosita da un abside e da un interno con un’elegante tinteggiatura bicroma. 

Luogo magico, a pochi chilometri a sud di Montegiove, La Scarzuola si denota per un duplice interesse religioso e architettonico.
La località è, anzitutto, sede di un antichissimo convento, sorto laddove, nel 1218, San Francesco avrebbe sostato in solitudine. Il Poverello di Assisi si costruì, come riparo, una capanna di scarza (una pianta di palude, piuttosto diffusa nel luogo), da cui derivò il toponimo “Scarzuola”; la tradizione cattolica narra anche di una fonte d’acqua da lui fatta miracolosamente sgorgare in questo luogo.
Nel 1282, fu proprio il conte Nerio di Bulgarello a far erigere una chiesa con annesso oratorio, affidata ai Frati minori. Costoro ampliarono il complesso: la Chiesa fu dedicata alla Santissima Annunziata, mentre l’oratorio divenne un vero e proprio convento francescano operativo fino al XVIII secolo.
La cripta della Chiesa ospita, fra gli altri, le tombe dello stesso Nerio e di Todeschina, figlia del Gattamelata.
Dopo l’abbandono da parte dei frati, il convento e la Chiesa passarono in proprietà ai marchesi Misciattelli, per poi essere acquistati dal celebre architetto milanese Tomaso Buzzi.
A costui spetta il concepimento di uno dei capolavori dell’architettura italiana, che sorge proprio di fianco al convento: la “Città ideale”. 
Buzzi concepì tale complesso a partire dal 1958, richiamando elementi di meraviglie quali, fra gli altri, Villa Adriana, Villa d’Este e il Parco dei Mostri di Bomarzo. 
L’opera, nella sua splendida suggestione scenografica, si sviluppa attorno ad una sorta di spirale di pergolati, arricchendosi con un giardino labirintico, statue, scalinate e persino un piccolo “acropoli” contenente sette costruzioni richiamanti vestigia dell’antichità (una piramide, il Colosseo, il Pantheon e il Tempio di Vesta di Roma, nonché il Partenone e la Torre dei Venti di Atene) e del Tardo Medioevo (la Torre dell’Orologio di Mantova).
Il complesso, dopo la morte di Buzzi nel 1981, fu completato dal nipote Marco Solari, attuale proprietario, che ne cura la conservazione e le visite.