Monteleone d'Orvieto. Una magnifica terrazza sulla Val di Chiana Romana.

Scritto il 03/06/2020
da Lorenzo Berna


Perla d’arte e di storia, luogo di vive tradizioni, Monteleone d’Orvieto sorge su un colle che domina la Val di Chiana umbra, nell’estremo nord della provincia di Terni, e dal quale si ammirano panorami di straordinaria bellezza.
Posto nel cuore dell’Etruria, nell’area d’influenza della potente lucumonia di Chiusi, il territorio di Monteleone conobbe senz’altro la presenza etrusca e romana. Nel XIX, infatti, fu rinvenuta nel vicino vocabolo Volpara una tomba con sei urne, di cui quattro con iscrizioni etrusche e due con iscrizioni in latino.
L’odierno borgo nacque, comunque, in età medievale, probabilmente intorno alla metà dell’XI secolo. La fondazione è tradizionalmente attribuita ad Orvieto, nonostante il primo documento ufficiale menzionante Monteleone, un editto dell’imperatore Federico II di Svevia del 1243, lo inserisse nei domini di Castel della Pieve (l’odierna Città della Pieve).
Il toponimo Monteleone (nato come “Plebarium Montis Leonis”) deriverebbe, secondo una delle ipotesi, da quello di papa Leone IX, il quale, nel febbraio del 1049, durante il viaggio da Worms (dove era stato eletto) a Roma, sarebbe transitato proprio dal luogo in cui sorse il borgo.
Conscia dell’importanza di una roccaforte settentrionale per i propri confini, Orvieto fortificò Monteleone. Esattamente come nella vicina Castel della Pieve, anche qui si sviluppò la produzione dei laterizi e, al pari degli edifici di detta città, pure quelli di Monteleone avrebbero acquisito un inconfondibile colore rossastro, alquanto insolito per un borgo umbro. La posizione strategica di Monteleone la rese teatro di scontri fra casate desiderose di acquisirlo, soprattutto i Bulgarelli di Parrano (i futuri conti di Marsciano) e i Montemarte di Corbara. La spuntarono questi ultimi, almeno fino al 1481, quando Orvieto, nel frattempo divenuta feudo pontificio, la riannesse ai propri domini.  Di lì a poco, tuttavia, la contessa Manfilia Montemarte di Corbara rivendicò i propri diritti sul borgo: ne nacque una lunga controversia legale, addirittura degenerata in un conflitto armato conclusosi con un trattato di pace stipulato dal notaio Catalucci di Castel della Pieve a Monteleone l'11 luglio 1497 con il quale Monteleone tornò sotto il governo della città di Orvieto mentre Salci e Fabro furono assegnati ai Bandini di Castel della Pieve in quanto Manfilia aveva sposato Bandino Bandini.
Al fine di non perdere più il suo avamposto, Orvieto rinforzò le difese di Monteleone, che avrebbero retto fino al 1643, quando fu espugnata dalle truppe del Granducato di Toscana durante la guerra per il Ducato di Castro. La definitiva vittoria pontificia in tale conflitto riportò anche Monteleone all’ordinaria condizione, fino alla definitiva annessione, nel 1860, al Regno d’Italia.
L’aspetto odierno di Monteleone ne conferma il plurisecolare ruolo di strategica roccaforte, incuneata fra due ripidi pendii da cui si ammirano altrettanti straordinari panorami sulla Val di Chiana.
È consigliabile entrare nel centro storico dall’imponente Porta Nord (detta anche “Torre Mozza”), iniziando così a percorrere corso Vittorio Emanuele II. 
Si raggiunge, in tal modo, piazza Cavour, adornata da un pittoresco pozzo con braccio, carrucola e grata (fedele riproduzione degli anni Ottanta del XX secolo di una vecchia cisterna ivi presente). 
Proseguendo, si raggiunge piazza Pietro Bilancini (dedicata al celebre poeta ottocentesco, nato a Monteleone), sovrastata dall’ottocentesca Torre dell’Orologio.
Oltre, si entra in via del Torrione, da cui si addiviene nell’omonima piazza: qui si gode di un ameno affaccio che domina il sottostante pianoro chianino e che spazia dal Monte Cetona (in Toscana) ai Monti Cimini (in Lazio).
Percorrendo i deliziosi vicoli che punteggiano il centro storico, fra le case in laterizio coi balconi colmi di fiori, si raggiunge il lato di ponente del borgo. Qui si può percorrere una camminata su quelle che furono le antiche mura di Monteleone, molto suggestiva soprattutto al tramonto.
Proseguendo per via delle Cantine si giunge a Porta Sud, l’altro dei due antichi accessi, mentre, percorrendo via Mazzini, si risale verso la parte settentrionale di Monteleone.
Il borgo contiene svariati edifici d’interesse sia culturale che religioso. 
Su piazza del Municipio si affaccia l’antico Teatro dei Rustici, realizzato nel 1732 nell’ex granaio del Palazzo del Podestà. Nella medesima piazza, si trova il Centro di documentazione “Attilio Parelli”, dedicato al grande compositore e direttore d’orchestra, altro celebre monteleonese.
Fra gli edifici di culto, si segnala anzitutto la Chiesa della Santissima Annunziata, edificata alla metà del XV secolo e in seguito divenuta sede di una delle confraternite monteleonesi, quella del Sacramento. Incastonata fra gli edifici dell’odierno corso Vittorio Emanuele, fu profondamente ristrutturata dopo il saccheggio toscano del 1643, così acquisendo un aspetto barocco. 
Splendida, sempre su corso Vittorio Emanuele, è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, dedicata ai patroni di Monteleone. Probabilmente eretta in concomitanza con l’edificazione del castello, fu oggetto di importanti interventi architettonici fra il XVII e il XIX secolo. L’edificio è dominato da un imponente campanile ed è rivestito da laterizi. Sulla facciata esterna, all’interno di due nicchie, si trovano le statue dei Santi eponimi.
La Chiesa ha pianta rettangolare, con tre navate divise da colonnati in stile neoclassico e sormontate da una raffinata volta a cassettoni. Le navate terminano in un presbiterio alquanto sopraelevato per via della sottostante cripta e sono illuminate sia dalle ampie finestre sopra i colonnati che da sette mirabili lampadari in cristallo provenienti dalla vetreria di Piegaro. 
Dietro l’altare maggiore si trova una pala cinquecentesca di Giacomo di Ser Guglielmo, artista della scuola del Perugino, ritraente la “Madonna in trono col Bambino e con a lato i Santi Pietro e Paolo”. L’altare maggiore è affiancato, a sinistra, da un’analoga struttura dedicata all’Annunciazione e, a destra, dalla Cappella del Sacro Cuore, voluta dai monteleonesi per celebrare la fine della seconda guerra mondiale. Altre cappelle presenti furono, a proprio tempo, erette e curate dalle storiche confraternite (SS. Sacramento, SS. Annunziata e Buona Morte) operanti a Monteleone dal Trecento agli anni ‘50 del XX secolo. 
Imperdibile è la cripta sottostante all’altare maggiore dedicata a San Teodoro, le cui spoglie mortali furono qui traslate dal cimitero Ponziano nel 1778. Al centro del vano svetta l’urna contenente le ossa del Santo, rivestite a ricrearne le fattezze terrene. L’intera cripta è stata finemente affrescata, negli anni ‘30 del XX secolo, dal prof. Guglielmo Ascanio.